Le campane, presenti come strumenti idiofoni già dall’VIII secolo a.C. in Cina, assumono fin da subito una funzione religiosa o vengono utilizzate come amuleti apotropaici contro le entità maligne.
Nel libro dell’Esodo, nella descrizione degli abiti sacerdotali di Aronne, ritroviamo la presenza di sonagli d’oro.
Tra i romani abbiamo campanelli (tintinnabula) che segnalavano l’apertura delle terme e del mercato o il passaggio di cortei sacri. Numerosi ritrovamenti nelle catacombe attestano l’uso di questi sonagli anche tra i primi cristiani.
Secondo la tradizione l’uso liturgico della campana viene promosso dal vescovo Paolino da Nola, fatto comprovato anche da una lettera della fine del V secolo del diacono Ferrandus di Cartagine all’abate Eugippius, dove scrive dei monaci campani convocati agli uffici divini mediante una campana sonora.
E’ interessante segnalare l’origine del termine “campana”, proveniente appunto dalla regione campana dove abili fonditori di bronzo creavano oggetti e vasi in questo materiale, i “vasa campanae” (vasi della Campania).
Già nel VII secolo le campane sono diffuse in Italia, Gallia e Britannia ad uso liturgico.
Dopo questa breve introduzione generale portiamo l’attenzione più nello specifico locale.
L’importante presenza delle campane nella vita della Milano del XIV secolo ci viene riportata da Bonvesin da la Riva, una delle massime figure culturali dell’epoca, nella sua opera “De magnalibus Mediolani” in cui segnala la presenza in città di circa centoventi campanili e più di duecento campane.
Presenza non solo per uso religioso ma anche prettamente civile. Nel 1263 il podestà Zavattaro della Strada fa fondere una campana civica chiamata poi in suo onore “la Zavattara” e nel 1274 anche la Credenza, il consilium communis, si dota di una campana per chiamare i consoli milanesi in assemblea.
Tra gli esemplari di campane antiche giunti fino a noi sono degni di nota quella fusa nel 1352 da Ambrosius de Colderariis, detta il “Campanone”, ora conservata presso il Museo del Risorgimento e la campana della torre della Ciribiciaccola, fusa nel 1453 da Glaudio da San Martino.
Nel 1576, il concilio provinciale milanese IV dà disposizioni affinchè ogni chiesa parrocchiale abbia tre o almeno due campane, mentre le chiese minori e gli oratori una sola campana, seguendo una norma già fissata da papa Giovanni XXII nel XIV secolo.
A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo si colloca l’evento più importante per la storia campanaria milanese, la nascita del sistema di suono ambrosiano.
Alle campane, già di notevoli dimensioni e molto contrappesate per renderne il suono a dondolio più agevole, viene applicata una ruota perpendicolare ai perni di rotazione in cui scorre più comodamente la corda. L’aggiunta di un fermo e di una molla a balestra ha permesso di poter portare le campane in posizione “a bicchiere” e di poterne cadenzare le discese, andando a creare una vera e propria prassi musicale che consente di creare intrecci di suono mai uditi prima.
Il più antico ed importante concerto di campane montate all’ambrosiana oggi presente è quello della Basilica di S. Ambrogio, composto da 5 campane in Do3 fuse dal milanese Bartolomeo Bozzi nel 1755.
Nel 1798, durante la Repubblica Cisalpina, il Commissario del potere esecutivo presso il dipartimento dell’Olona redige il primo inventario a tappeto di tutte le campane presenti sui campanili di Milano. Ne risultano 283, alcune delle quali poi requisite e vendute all’asta.
Nell’ottocento la qualità musicale delle campane prodotte in area lombarda raggiunge i massimi livelli e si pone in posizione di tutto rispetto nei confronti di quella nazionale. Nomi di famiglie di fonditori come i Bizzozero di Varese, i Crespi di Crema, i Comerio di Malnate e Milano, i Barigozzi di Milano, i Pruneri di Grosio ed altri, rimangono tutt’oggi su diversi campanili a testimonianza dell’abilità raggiunta nell’arte fusoria.
Nel 1942 viene emanata una legge governativa che impone il sequestro delle campane al fine di riutilizzarne il metallo per scopi bellici. Purtroppo la diocesi di Milano subisce una pesante perdita di bronzi storici, seconda per mole solo alla diocesi di Bergamo, con oltre 700 campane andate distrutte e conseguenti concerti smembrati. Nel dopoguerra si provvede al rimpiazzo delle campane, molte volte rifondendo interamente i concerti a discapito delle campane storiche rimaste. Questa è una ragione in più per conoscere, conservare e tutelare il patrimonio campanario storico lasciatoci.
Le campane, strumenti di pace, non furono mai indenne ai disastri delle guerre.
Il Regio Decreto n° 505 del 23 aprile 1942 impose il sequestro delle campane degli edifici di culto per ricavarne bronzo a fini bellici, dal 17 luglio con avviso presso la Curia del Sottosegretario di Stato per le fabbricazioni di guerra si diede l’inizio effettivo ai sequestri gestiti dall’Endirot, l’Ente Distribuzioni Rottami, che incaricò le diverse fonderie di campane di provvedere in prima persona al sequestro.
La requisizione doveva comprendere la metà dei bronzi presenti sui campanili, esclusi i santuari e le cattedrali, assicurando cosÌ un servizio religioso minimo ai campanili rimasti monchi.
La Curia raccomandò i parroci di rilevare nota, misure, scritte e fregi affinchè si potesse provvedere un domani alle rifusioni.
Agli orrori sui fronti di guerra si affiancarono nei paesi i concerti campanari mutilati, monito per i civili dei luttuosi eventi.
Finita la guerra, presso il Ministero dei Trasporti venne istituito l’Ufficio Ripristino Campane che in collaborazione con la Pontificia Commissione centrale per l’Arte Sacra provvide prima alla restituzione delle campane rimaste integre che si trovavano in giacenza nei depositi di raccolta per un peso totale di 2022040 Kg, e poi alle diverse e numerose rifusioni assegnando i lavori alle varie fonderie di campane attive. In totale su tutto il territorio italiano si rifusero 13605 campane per un peso complessivo di 4787000 kg. di bronzo, nella sola diocesi milanese 693 campane per un peso totale di 466112 kg.
Le parrocchie che provvidero autonomamente a rimpiazzare le campane mancanti ottennero un rimborso in denaro.
E’ importante segnalare che numerose parrocchie approfittarono delle restituzioni per rifondere interamente i concerti o per aumentarli di mole e numero o semplicemente per il desiderio di migliorarne la qualità musicale. Qualità musicale che per verità non sempre fu soddisfatta comportando la perdita del valore storico delle campane precedenti.
Il ritorno delle campane nelle città e nei paesi furono occasioni di grande festa per le comunità che finalmente ritrovavano la loro voce d’eco celeste annunciatrice di pace, di fratellanza e di Fede.